giovedì 19 maggio 2016

PANIFICARE CON LIEVITO NATURALE...



Le farine
La farina si ottiene dalla macinazione dei cereali, cioè dei frutti delle piante appartenenti alla famiglia delle graminacee, tra cui l'avena, il farro, il frumento, il mais, il riso e la segale. Si possono ottenere farine anche da altri vegetali, come i legumi (farina dì ceci) o alcuni frutti (farina di banane e di castagne).
La parola "farina" deriva dal latino far, cioè farro, cereale molto coltivato in epoca romana. Il termine è oggi utilizzato per indicare il prodotto ottenuto dalla macinazione del frumento. La scelta della farina riveste un ruolo fondamentale nella riuscita finale della lievitazione del pane.
La farina di frumento
Il grano sicuramente è il cereale più utilizzato per la panificazione; sottoposto a macinazione e a successiva setacciatura dà luogo a farine più o meno raffinate.
Per sgombrare il campo da equivoci è forse utile rilevare come la farina sia, rispetto al cereale da cui deriva, in una forma in qualche modo “degenerata”, poiché sensibilmente lontana da quell’equilibrata con cui il chicco si presenta in natura. Per questo è assolutamente importante salvaguardare la farina stessa dai processi d’impoverimento, quali l’ossidazione, cui l’esposizione all’aria e il passare del tempo la sottopongono.
Il frumento, consumato integralmente, contiene un olio fosforato (1,5 gr su 100 gr) che possiede le vitamine più preziose per l’essere umano, e particolarmente:
-la vitamina A: della crescita e resistenza alle malattie infettive;
-la vitamina B: regolatrice del sistema nervoso e della digestione (appetito, motricità dell’intestino);
-la vitamina E: che agisce sulle ghiandole a secrezione interna ed esterna, e in particolare sugli organi della riproduzione.
Il germe di grano completo contiene 900 unità di vitamina B. Alla farina integrale al 95% ne restano solo 180; integrale al 60% solo 24 unità.
Il pane chiamato “ integrale” ha 63 unità di vitamina e il pane bianco 24
Dopo la sostituzione delle macchine a pietra con i cilindri d’acciaio nei mulini si è avuta la scomparsa quasi totale della vitamina A e B e totale della vitamina E nel pane.
La gestazione, il parto e l’allattamento sono condizionati dal grano la cui degenerazione influisce quindi sull’essenza della formazione della vita umana,
Principi nutritivi
Farina 00
Farina 0
Farina 1
Farina integrale
Protidi g
Lipidi g
Glicidi g
Fibra g
H20 g
6 –7,5
0,4 – 0,6
73 – 76
0,1
14,5
8 –11
0,8 – 1,0
66 – 72
0,1 – 0,2
14,5
8 – 13
1 – 1,5
65 – 71
0,2 – 0,4
14,5
10 – 15
2 – 3
62 – 67
2 – 5
14,5
Minerali
Ca mg
P mg
Fe mg
17
76
0,7
18
160
0,9
20
160
2,0
28
300
3,0
Vitamine
Vit. B1 mg
Vit. B2 mg
Vit. PP mg
0,10
0,03
1,0
0,25
0,04
1,2
0,25
0,05
1 - 2
0,40
0,16
5
La farina va conservata in ambienti freschi e arieggiati e al buio.
Infine è da preferire una farina macinata con mole di pietra, perché, macinando ad una velocità molto ridotta, si evita il surriscaldamento, che compromette le sue proprietà lipido-vitaminiche. Inoltre, l’azione di sfregamento provoca la rottura e l’apertura della maggior parte delle cellule dello strato aleuronico del chicco, impregnando la farina così ottenuta del prezioso olio di germe
Farina di grano tenero
È la farina più utilizzata per la panificazione, sia per la notevole presenza di glutine sia per il costo limitato. Si ottiene dalla macinazione del grano tenero liberato dalle impurità e attraverso la successiva setacciatura , mediante buratti utile per separare la farina dagli strati di rivestimento esterni (crusca).
La farina caratterizzata d’ abburattamento più basso è detta di tipo 00; in commercio si possono inoltre trovare farine di tipo O, 1, 2 e la farina integrale, che non subisce alcun tipo di setacciatura ed è quindi caratterizzata da un grado di abburattamento più elevato. Gli strati più esterni dei cereali sono quelli più ricchi di proteine, quindi una farina di tipo 00, più raffinata, avrà un contenuto inferiore di proteine rispetto tipo 0; le proteine più importanti per la panificazione si trovano tuttavia nel nucleo del cereale.
Oltre a questa prima suddivisione riguardante la purezza ne esiste un'altra, molto importante, basata sul grado di "forza", ossia sulla quantità di glutine che una farina riesce a sviluppare. Le farine adatte alla panificazione hanno infatti un tenore molto elevato di proteine e provengono generalmente dall'America del Nord; per la precisione esistono tre tipi di indici, misurabili all' alveografo di Chopin , riguardanti la panificazione, contraddistinti da sigle specifiche:
W: misura la forza della farina, cioè la resistenza alla pressione della farina impastata;
• P: misura la resistenza allo stiramento, ossia la tenacità;
• L misura l'estensibilità dell'impasto prima della rottura
Nelle farine disponibili nel commercio al dettaglio tali valori non sono riportati, ma per la produzione di pane si può chiedere a un fornaio qualche chilo di farina con le seguenti caratteristiche: W 250-280 e P/L 0,50-060, adatte alla maggior parte degli impasti lievitati. Per la produzione di qualche impasto particolare (come quello per la ciabatta o quelli con elevata presenza di grassi) si utilizza anche farina W 300-320. Nel caso sia impossibile procurarsi tali farine, una valida alternativa è rinforzare la farina normale con l'aggiunta di Manitoba (in proporzione del 25-40%), particolarmente ricca di glutine e facilmente reperibile in molti supermercati. Occorre servirsi sempre di farina che sia stata lasciata "maturare" almeno 1 mese dopo la macinazione, ma che non sia troppo vecchia.
II grado di abburattamento misura la quantità di farina rimasta dopo la vagliatura e viene espresso in percentuale: la farina integrale ha un grado del 100%, la farina di tipo O del 65% circa, mentre l'abburattamento della farina di tipo 00 si avvicina al 55%.
Semola di grano duro
Dalla macinazione e dall'abburattamento del grano duro si ottiene la semola, di aspetto granulare-vetroso e color gialllo-paglierino. La semola ha un contenuto proteico leggermente superiore a quello della farina e un'ottima capacità di formare glutine, al punto che certe farine vengono tagliate con farine di grano duro per migliorarne i valori di forza ed elasticità. II pane di grano duro è lievitato ma compatto, leggermente spugnoso, saporito e di colore marcato.
Farina di segale
La segale viene coltivata prevalentemente in Europa settentrionale, dove è utilizzata sia per la produzione di whisky, sia per la panificazione, essendo l'unica, oltre al frumento, in grado di formare una quantità sufficiente di glutine. Il pane di segale è in genere preparato con farina integrale mescolata con il 50-60% dì farina di frumento; ha crosta sottile e mollica compatta e gommosa, dal sapore lievemente acre, poiché richiede un impasto acidulo; spesso è aromatizzato con semi di finocchio o cumino.
panificare con lievito naturale 2
Farina di mais
La farina di mais più adatta alla panificazione è quella a grana molto fine (tipo fioretto). Questa farina dal sapore dolciastro produce una modesta quantità di glutine, quindi deve essere aggiunta in dosi limitate (massimo il 20-25%) rispetto a quella di frumento; in alternativa si può sostituire il lievito naturale con quello chimico, in grado di gonfiare ugualmente l'impasto. La farina di mais si altera con facilità, specialmente se proviene da un prodotto non ben degerminato o essiccato solo parzialmente. L'alterazione è facilmente riconoscibile, poiché la farina tende a sbiadire, assume un odore di muffa e un sapore acre e amaro. Non è consigliabile utilizzare farine invecchiate più di sei mesi.
La farina di castagne era utilizzata nell'antichità nelle zone povere e montuose. Una leggenda spiega l'origine di questo frutto: un tempo alcuni poveri contadini di montagna, non riuscendo a coltivare il necessario per sopravvivere, pregarono Dio affinché donasse loro un frutto in grado di nutrirli; in risposta alle preghiere, Dio indicò loro una pianta dalla quale cogliere un riccio che, dopo essere stato benedetto con il segno della croce, si aprì mostrando il suo prezioso contenuto.
Altre farine
Ogni farina ha caratteristiche precise che contribuiscono a differenziare i prodotti finali della loro lavorazione; è tuttavia sempre consigliabile aggiungerne dosi molto ridotte (il 20% circa della farina di frumento), poiché in caso contrario il pane tenderebbe ad appesantirsi.
• La farina di orzo, color marroncino, conferisce al prodotto un sapore più intenso, una maggior morbidezza e un colore marcato.
• La farina di grano saraceno è scura ed è caratterizzata da un aroma intenso, simile a quello della frutta secca.
• La farina di riso, bianchissima, è molto fine e rende il pane maggiormente croccante e asciutto.
• La farina di soia è ricca di proteine, ha un sapore dolciastro e rende il pane più croccante.
• La farina di farro è molto ricca di fibre e saporita; è caratterizzata da una discreta capacità di sviluppare glutine e può quindi costituire fino al 50% del peso globale della farina.
Mescolando assieme diversi tipi di farine si possono ottenere i gustosi e nutrienti pani ai quattro o ai cinque cereali, particolarmente adatti per la prima colazione.
L'acqua
Nell'impasto del pane l'acqua svolge molteplici funzioni:
• è necessaria per la formazione del glutine e per conferire elasticità all'impasto;
• è essenziale per la crescita e la moltiplicazione dei lieviti;
• scioglie sali e zuccheri migliorandone la distribuzione.
Pur svolgendo compiti così importanti, l'elemento "acqua" è in genere sottovalutato e utilizzato senza porsi troppi problemi sulla qualità fornita dalla rete di distribuzione. La composizione chimica dell'acqua influisce invece in modo determinante sul prodotto finito, al punto che alcuni tipi di pane non possono essere realizzati in zone geografiche diverse, principalmente perché non si ha a disposizione lo stesso tipo di acqua. In base alla durezza - in genere misurata in gradi francesi - l'acqua viene classificata in acqua dolce (durezza inferiore a 5°), acqua moderatamente dura (tra 5° e 20°), acqua dura (tra 20° e 30°) e molto dura (oltre i 30°): le acque molto dolci rendono gli impasti molli e collosi, mentre le acque troppo dure non risultano adatte, poiché l'impasto rimane rigido e poco elastico. Le acque più adatte alla panificazione sono quelle attorno ai 20-25° francesi, possibilmente con un pH lievemente acido (5,5-6). Se l'acqua è molto dura, è possibile miscelarla con un 50% di acqua oligominerale in bottiglia.
La quantità di acqua aggiunta all'impasto varia tra il 50% e il 60% del peso della farina: più l'impasto è molle, più la pasta lievita velocemente.
Gli ingredienti secondari
Oltre ai tre ingredienti principali ne esistono altri che rientrano spesso nella composizione degli impasti lievitati. Il sale, anche se presente in quantità minime (in genere il 2%), tende a inibire l'attività del lievito e a disidratarlo. Molti gastronomi infatti, tra i tanti pani disponibili in commercio, prediligono quello non salato. Il sale ha tuttavia anche effetti benefici sull'impasto, poiché lo rende più elastico e meno appiccicoso, favorendo la formazione del glutine.
panificare con lievito naturale 3
Aggiungendo il sale all'inizio della preparazione, si otterrà una mollica più fine e bianca; se lo si aggiunge invece nella fase finale dell'impasto, la mollica risulterà più irregolare.
Lo zucchero è la fonte di nutrimento primaria dei lieviti, che per nutrirsi dividono le lunghe catene di amido in glucidi disaccaridi; pertanto, quando è presente in piccole quantità (fino al 4-5% del peso totale della pasta), è in grado di accelerare la fermentazione. Se invece è presente in dosi maggiori, come negli impasti dolci, rallenta la lievitazione, poiché richiama acqua e ne limita la disponibilità per la formazione del glutine: in questo caso è consigliabile lasciare l'impasto più morbido.
Il malto, da aggiungere in piccole quantità (2%), è l'ingrediente ideale per accelerare e migliorare il processo di lievitazione negli impasti salati: i suoi enzimi scindono l'amido in glucosio e in altri composti intermedi, che costituiscono una fonte di nutrimento per i lieviti; inoltre il malto conferisce un aroma maggiormente intenso al pane e una colorazione più decisa alla crosta.
Pane a lievitazione naturale =Alimento vivo
Pasta acida – Fermentazione alcolica + Fermentazione batterica
Il lievito naturale è un alimento molto ricco perché è una coltivazione di microrganismi (batteri e funghi), che permettono la conversione di un alimento più semplice come la farina in uno più complesso come un ecosistema microbiologico. Quando si aggiunge la farina nel lievito i batteri cominciano a mangiare prima gli zuccheri semplici poi quelli complessi, a questo punto si determina una crescita esponenziale, poi iniziano a utilizzare anche tutte le altre sostanze per creare un equilibrio stabile ricco di vitamine ed altri elementi.
Mangiando un pane a lievitazione naturale noi mangiamo questa ricchezza.
La fermentazione alcolica è prodotta da un fungo e quindi da un lievito che rilasciando CO2 che determina la crescita dell’impasto. Questo tipo di fermentazione dura 8 ore lasciando poi spazio soltanto a quella batterica.
Questo pane è inoltre un alimento vivo perché durante la cottura, (nelle pezzature di almeno un chilo) alcuni batteri che s’inattivano durante la cottura, nelle 24 ore successive ripopolano la pagnotta, rivitalizzandola e conferendogli la tipica umidità che gli permette di conservarsi più di una settimana.
ACIDO FITICO (Inositol-esafosforico)
Presente in gran quantità soprattutto negli strati più esterni dei cereali, ostacola il metabolismo di importanti minerali quali il calcio, ferro, magnesio ecc. Questo problema non esiste nel pane a lievitazione naturale. Infatti, nella fase d’impasto e di lenta lievitazione l’enzima fitasi, pur presente nel chicco di frumento e di altri cereali, è in grado di scomporre l’acido fitico nei suoi componenti –inositolo e acido fosforico – netraulizzandone la suddetta azione sequestrante nei confronti dei minerali.
Preparazione e conservazione del lievito madre
Per cominciare il lievito madre impastiamo un panetto con farina e acqua lasciandolo lievitare (a circa 20°) finché, non avvertiremo un odore leggermente acido e, non sarà raddoppiato di volume.
A questo punto va rinfrescato, (si uniscono acqua e farina sino a raddoppiarne il volume) e si lascia lievitare di nuovo finché diventa nuovamente il doppio.
Dopo averlo rinfrescato, (impastato con acqua e farina) controlleremo che in circa 8 ore raddoppi di volume e potremo aggiungerlo al pane, tenendo un pezzetto d’impasto che diventerà la “mamma”.
La conserveremo in luogo fresco (in cantina o in frigorifero) per rallentare la fermentazione, in un contenitore tappato (frigover) in cui rimane almeno un terzo d’aria.
La sera prima di fare il pane lo rinfrescheremo lasciandolo lievitare in un contenitore coperto da un panno bagnato e strizzato, quindi il mattino seguente possiamo usarlo per l’impasto del pane.
Le dosi di lievito madre vanno da 100 gr (l’estate) a 300 gr (inverno) per Kg di pane.
panificare con lievito naturale 4panificare con lievito naturale 5
Teniamo presente che il lievito giovane andrà rinforzandosi nel tempo perché conservando le “memorie” del pane già fatto agirà al meglio nelle diverse condizioni (climatiche) in cui verrà a trovarsi.
Per partire con un lievito più potente:
Ingredienti
2,5 kg circa di farina rinforzata
1,21 circa dl di acqua 50 g dì yogurt naturale
II lievito naturale è un impasto di acqua e farina fermentato da microrganismi presenti nell'aria o in alcuni alimenti (birra, patate, uva, vino, yogurt), che moltiplicandosi provocano reazioni enzimatiche nel prodotto. Il risultato è una pasta acida (pH 5 circa), dagli aromi accentuati causati dalle numerose reazioni enzimatiche avvenute, e con un buon potere lievitante. È detto anche pasta madre, poiché può essere rinfrescato giornalmente e quindi utilizzato per anni: con il passar del tempo migliora e amplia la gamma di aromi. L'impegno necessario per mantenerlo attivo è giustificato solo da un utilizzo frequente.
Su una spianatoia impastate a lungo e con energia 300 g di farina rinforzata con 1 dl di acqua e uno yogurt. Trasferite la pagnotta ottenuta in una terrina e copritela con un telo leggermente inumidito e con un coperchio. Lasciate riposare il composto in luogo tiepido (alla temperatura di circa 22-25 °C) per 48 ore. Trascorso questo tempo, controllate la pagnotta ed eliminate la crosta eventualmente formatasi. Prelevate quindi 400 g di pasta, incorporatevi altrettanta farina e 2 dl d’ acqua e impastate a lungo. Coprite nuovamente con un telo e con pellicola trasparente e lasciate riposare per 48 ore alla temperatura di 22-25 °C. Quando aprirete la terrina, vedrete che sotto la crosta la pasta sta fermentando: prelevatene 400 g dalla parte in cui è più morbida, aggiungete altrettanta farina e 2 dl d’ acqua e impastate il tutto; coprite e fate riposare nuovamente per 2 giorni. Proseguite in questo modo almeno per altre tre o quattro volte, aggiungendo sempre una quantità di farina pari a quella della pasta prelevata: a questo punto la pasta madre è pronta per essere utilizzata.
Conservate il lievito naturale in frigorifero alla temperatura di 8-10 °C e integratelo almeno ogni 2-3 giorni con acqua e farina; se tende a formare la crosta, scartate le parti indurite. La quantità di pasta da prelevare e integrare con altra farina è indicativa: potete utilizzarla tutta, anche se in breve tempo vi troverete con diversi chili di lievito naturale. L'impasto rimasto può essere utilizzato per confezionare il pane, integrandolo con altra farina. Dopo un paio di settimane il lievito naturale sarà pronto: sarà sufficiente incorporare circa 200-300 g di pasta per ogni chilo di farina, diluendola prima in acqua tiepida per ottenere una poltiglia.
Se non avete a disposizione lo yogurt, potete tranquillamente sostituirlo con un cucchiaio di miele, succo di mela o di pomodoro.


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