Le farine
La farina si ottiene dalla
macinazione dei cereali, cioè dei frutti delle piante appartenenti alla
famiglia delle graminacee, tra cui l'avena, il farro, il frumento, il mais, il
riso e la segale. Si possono ottenere farine anche da altri vegetali, come i legumi
(farina dì ceci) o alcuni frutti (farina di banane e di castagne).
La parola "farina"
deriva dal latino far, cioè farro, cereale molto coltivato in epoca romana. Il
termine è oggi utilizzato per indicare il prodotto ottenuto dalla macinazione
del frumento. La scelta della farina riveste un ruolo fondamentale nella
riuscita finale della lievitazione del pane.
La farina di frumento
Il grano sicuramente è il
cereale più utilizzato per la panificazione; sottoposto a macinazione e a
successiva setacciatura dà luogo a farine più o meno raffinate.
Per sgombrare il campo da
equivoci è forse utile rilevare come la farina sia, rispetto al cereale da cui
deriva, in una forma in qualche modo “degenerata”, poiché sensibilmente lontana
da quell’equilibrata con cui il chicco si presenta in natura. Per questo è
assolutamente importante salvaguardare la farina stessa dai processi
d’impoverimento, quali l’ossidazione, cui l’esposizione all’aria e il passare
del tempo la sottopongono.
Il frumento, consumato
integralmente, contiene un olio fosforato (1,5 gr su 100 gr) che possiede le
vitamine più preziose per l’essere umano, e particolarmente:
-la vitamina A: della crescita
e resistenza alle malattie infettive;
-la vitamina B: regolatrice
del sistema nervoso e della digestione (appetito, motricità dell’intestino);
-la vitamina E: che agisce
sulle ghiandole a secrezione interna ed esterna, e in particolare sugli organi
della riproduzione.
Il germe di grano completo contiene 900 unità di vitamina B. Alla farina integrale
al 95% ne restano solo 180; integrale al 60% solo 24 unità.
Il pane chiamato “ integrale”
ha 63 unità di vitamina e il pane bianco 24
Dopo la sostituzione delle
macchine a pietra con i cilindri d’acciaio nei mulini si è avuta la scomparsa
quasi totale della vitamina A e B e totale della vitamina E nel pane.
La gestazione, il parto e
l’allattamento sono condizionati dal grano la cui degenerazione influisce
quindi sull’essenza della formazione della vita umana,
Principi nutritivi
|
Farina 00
|
Farina 0
|
Farina 1
|
Farina integrale
|
Protidi g
Lipidi g
Glicidi g
Fibra g
H20 g
|
6 –7,5
0,4 – 0,6
73 – 76
0,1
14,5
|
8 –11
0,8 – 1,0
66 – 72
0,1 – 0,2
14,5
|
8 – 13
1 – 1,5
65 – 71
0,2 – 0,4
14,5
|
10 – 15
2 – 3
62 – 67
2 – 5
14,5
|
Minerali
Ca mg
P mg
Fe mg
|
17
76
0,7
|
18
160
0,9
|
20
160
2,0
|
28
300
3,0
|
Vitamine
Vit. B1 mg
Vit. B2 mg
Vit. PP mg
|
0,10
0,03
1,0
|
0,25
0,04
1,2
|
0,25
0,05
1 - 2
|
0,40
0,16
5
|
La farina va conservata in ambienti freschi e arieggiati e al
buio.
Infine è da preferire una farina macinata con mole di pietra,
perché, macinando ad una velocità molto ridotta, si evita il surriscaldamento,
che compromette le sue proprietà lipido-vitaminiche. Inoltre, l’azione di
sfregamento provoca la rottura e l’apertura della maggior parte delle cellule
dello strato aleuronico del chicco, impregnando la farina così ottenuta del
prezioso olio di germe
Farina di grano tenero
È la farina più utilizzata per la panificazione, sia per la
notevole presenza di glutine sia per il costo limitato. Si ottiene dalla
macinazione del grano tenero liberato dalle impurità e attraverso la successiva
setacciatura , mediante buratti utile per separare la farina dagli strati di
rivestimento esterni (crusca).
La farina caratterizzata d’ abburattamento più basso è detta di
tipo 00; in commercio si possono inoltre trovare farine di tipo O, 1, 2 e la
farina integrale, che non subisce alcun tipo di setacciatura ed è quindi
caratterizzata da un grado di abburattamento più elevato. Gli strati più
esterni dei cereali sono quelli più ricchi di proteine, quindi una farina di
tipo 00, più raffinata, avrà un contenuto inferiore di proteine rispetto tipo
0; le proteine più importanti per la panificazione si trovano tuttavia nel
nucleo del cereale.
Oltre a questa prima suddivisione riguardante la purezza ne esiste
un'altra, molto importante, basata sul grado di "forza", ossia sulla
quantità di glutine che una farina riesce a sviluppare. Le farine adatte alla
panificazione hanno infatti un tenore molto elevato di proteine e provengono
generalmente dall'America del Nord; per la precisione esistono tre tipi di
indici, misurabili all' alveografo di Chopin , riguardanti la panificazione,
contraddistinti da sigle specifiche:
W: misura la forza della farina, cioè la resistenza alla pressione
della farina impastata;
• P: misura la resistenza allo stiramento, ossia la tenacità;
• L misura l'estensibilità dell'impasto prima della rottura
Nelle farine disponibili nel commercio al dettaglio tali valori
non sono riportati, ma per la produzione di pane si può chiedere a un fornaio
qualche chilo di farina con le seguenti caratteristiche: W 250-280 e P/L
0,50-060, adatte alla maggior parte degli impasti lievitati. Per la produzione
di qualche impasto particolare (come quello per la ciabatta o quelli con
elevata presenza di grassi) si utilizza anche farina W 300-320. Nel caso sia
impossibile procurarsi tali farine, una valida alternativa è rinforzare la
farina normale con l'aggiunta di Manitoba (in proporzione del 25-40%),
particolarmente ricca di glutine e facilmente reperibile in molti supermercati.
Occorre servirsi sempre di farina che sia stata lasciata "maturare"
almeno 1 mese dopo la macinazione, ma che non sia troppo vecchia.
II grado di abburattamento misura la quantità di farina rimasta
dopo la vagliatura e viene espresso in percentuale: la farina integrale ha un
grado del 100%, la farina di tipo O del 65% circa, mentre l'abburattamento
della farina di tipo 00 si avvicina al 55%.
Semola di grano duro
Dalla macinazione e dall'abburattamento del grano duro si ottiene
la semola, di aspetto granulare-vetroso e color gialllo-paglierino. La semola
ha un contenuto proteico leggermente superiore a quello della farina e
un'ottima capacità di formare glutine, al punto che certe farine vengono
tagliate con farine di grano duro per migliorarne i valori di forza ed
elasticità. II pane di grano duro è lievitato ma compatto, leggermente
spugnoso, saporito e di colore marcato.
Farina di segale
La segale viene coltivata prevalentemente in Europa
settentrionale, dove è utilizzata sia per la produzione di whisky, sia per la
panificazione, essendo l'unica, oltre al frumento, in grado di formare una quantità
sufficiente di glutine. Il pane di segale è in genere preparato con farina
integrale mescolata con il 50-60% dì farina di frumento; ha crosta sottile e
mollica compatta e gommosa, dal sapore lievemente acre, poiché richiede un
impasto acidulo; spesso è aromatizzato con semi di finocchio o cumino.
panificare con lievito naturale 2
Farina di mais
La
farina di mais più adatta alla panificazione è quella a grana molto fine (tipo
fioretto). Questa farina dal sapore dolciastro produce una modesta quantità di
glutine, quindi deve essere aggiunta in dosi limitate (massimo il 20-25%)
rispetto a quella di frumento; in alternativa si può sostituire il lievito
naturale con quello chimico, in grado di gonfiare ugualmente l'impasto. La
farina di mais si altera con facilità, specialmente se proviene da un prodotto
non ben degerminato o essiccato solo parzialmente. L'alterazione è facilmente
riconoscibile, poiché la farina tende a sbiadire, assume un odore di muffa e un
sapore acre e amaro. Non è consigliabile utilizzare farine invecchiate più di
sei mesi.
La
farina di castagne era utilizzata nell'antichità nelle zone povere e montuose. Una
leggenda spiega l'origine di questo frutto: un tempo alcuni poveri contadini di
montagna, non riuscendo a coltivare il necessario per sopravvivere, pregarono
Dio affinché donasse loro un frutto in grado di nutrirli; in risposta alle
preghiere, Dio indicò loro una pianta dalla quale cogliere un riccio che, dopo
essere stato benedetto con il segno della croce, si aprì mostrando il suo
prezioso contenuto.
Altre farine
Ogni
farina ha caratteristiche precise che contribuiscono a differenziare i prodotti
finali della loro lavorazione; è tuttavia sempre consigliabile aggiungerne dosi
molto ridotte (il 20% circa della farina di frumento), poiché in caso contrario
il pane tenderebbe ad appesantirsi.
•
La farina di orzo, color marroncino, conferisce al prodotto un sapore più
intenso, una maggior morbidezza e un colore marcato.
•
La farina di grano saraceno è scura ed è caratterizzata da un aroma intenso,
simile a quello della frutta secca.
•
La farina di riso, bianchissima, è molto fine e rende il pane maggiormente
croccante e asciutto.
•
La farina di soia è ricca di proteine, ha un sapore dolciastro e rende il pane
più croccante.
•
La farina di farro è molto ricca di fibre e saporita; è caratterizzata da una
discreta capacità di sviluppare glutine e può quindi costituire fino al 50% del
peso globale della farina.
Mescolando
assieme diversi tipi di farine si possono ottenere i gustosi e nutrienti pani
ai quattro o ai cinque cereali, particolarmente adatti per la prima colazione.
L'acqua
Nell'impasto
del pane l'acqua svolge molteplici funzioni:
•
è necessaria per la formazione del glutine e per conferire elasticità
all'impasto;
•
è essenziale per la crescita e la moltiplicazione dei lieviti;
•
scioglie sali e zuccheri migliorandone la distribuzione.
Pur
svolgendo compiti così importanti, l'elemento "acqua" è in genere
sottovalutato e utilizzato senza porsi troppi problemi sulla qualità fornita
dalla rete di distribuzione. La composizione chimica dell'acqua influisce
invece in modo determinante sul prodotto finito, al punto che alcuni tipi di
pane non possono essere realizzati in zone geografiche diverse, principalmente
perché non si ha a disposizione lo stesso tipo di acqua. In base alla durezza -
in genere misurata in gradi francesi - l'acqua viene classificata in acqua
dolce (durezza inferiore a 5°), acqua moderatamente dura (tra 5° e 20°), acqua
dura (tra 20° e 30°) e molto dura (oltre i 30°): le acque molto dolci rendono
gli impasti molli e collosi, mentre le acque troppo dure non risultano adatte,
poiché l'impasto rimane rigido e poco elastico. Le acque più adatte alla
panificazione sono quelle attorno ai 20-25° francesi, possibilmente con un pH
lievemente acido (5,5-6). Se l'acqua è molto dura, è possibile miscelarla con
un 50% di acqua oligominerale in bottiglia.
La
quantità di acqua aggiunta all'impasto varia tra il 50% e il 60% del peso della
farina: più l'impasto è molle, più la pasta lievita velocemente.
Gli ingredienti secondari
Oltre
ai tre ingredienti principali ne esistono altri che rientrano spesso nella
composizione degli impasti lievitati. Il sale, anche se presente in quantità
minime (in genere il 2%), tende a inibire l'attività del lievito e a
disidratarlo. Molti gastronomi infatti, tra i tanti pani disponibili in
commercio, prediligono quello non salato. Il sale ha tuttavia anche effetti
benefici sull'impasto, poiché lo rende più elastico e meno appiccicoso, favorendo
la formazione del glutine.
panificare con lievito naturale 3
Aggiungendo il sale all'inizio della preparazione, si otterrà
una mollica più fine e bianca; se lo si aggiunge invece nella fase finale
dell'impasto, la mollica risulterà più irregolare.
Lo zucchero
è la fonte di nutrimento primaria dei lieviti, che per nutrirsi dividono le
lunghe catene di amido in glucidi disaccaridi; pertanto, quando è presente in
piccole quantità (fino al 4-5% del peso totale della pasta), è in grado di
accelerare la fermentazione. Se invece è presente in dosi maggiori, come negli
impasti dolci, rallenta la lievitazione, poiché richiama acqua e ne limita la
disponibilità per la formazione del glutine: in questo caso è consigliabile
lasciare l'impasto più morbido.
Il
malto, da aggiungere in piccole quantità (2%), è l'ingrediente ideale per
accelerare e migliorare il processo di lievitazione negli impasti salati: i
suoi enzimi scindono l'amido in glucosio e in altri composti intermedi, che
costituiscono una fonte di nutrimento per i lieviti; inoltre il malto
conferisce un aroma maggiormente intenso al pane e una colorazione più decisa
alla crosta.
Pane a lievitazione naturale =Alimento vivo
Pasta acida – Fermentazione alcolica + Fermentazione batterica
Il
lievito naturale è un alimento molto ricco perché è una coltivazione di
microrganismi (batteri e funghi), che permettono la conversione di un alimento
più semplice come la farina in uno più complesso come un ecosistema
microbiologico. Quando si aggiunge la farina nel lievito i batteri cominciano a
mangiare prima gli zuccheri semplici poi quelli complessi, a questo punto si
determina una crescita esponenziale, poi iniziano a utilizzare anche tutte le
altre sostanze per creare un equilibrio stabile ricco di vitamine ed altri
elementi.
Mangiando
un pane a lievitazione naturale noi mangiamo questa ricchezza.
La
fermentazione alcolica è prodotta da un fungo e quindi da un lievito che
rilasciando CO2 che determina la crescita dell’impasto. Questo tipo di
fermentazione dura 8 ore lasciando poi spazio soltanto a quella batterica.
Questo
pane è inoltre un alimento vivo perché durante la cottura, (nelle pezzature di
almeno un chilo) alcuni batteri che s’inattivano durante la cottura, nelle 24
ore successive ripopolano la pagnotta, rivitalizzandola e conferendogli la
tipica umidità che gli permette di conservarsi più di una settimana.
ACIDO FITICO (Inositol-esafosforico)
Presente
in gran quantità soprattutto negli strati più esterni dei cereali, ostacola il
metabolismo di importanti minerali quali il calcio, ferro, magnesio ecc. Questo
problema non esiste nel pane a lievitazione naturale. Infatti, nella fase
d’impasto e di lenta lievitazione l’enzima fitasi, pur presente nel chicco di
frumento e di altri cereali, è in grado di scomporre l’acido fitico nei suoi
componenti –inositolo e acido fosforico – netraulizzandone la suddetta azione
sequestrante nei confronti dei minerali.
Preparazione e conservazione del lievito madre
Per
cominciare il lievito madre impastiamo un panetto con farina e acqua
lasciandolo lievitare (a circa 20°) finché, non avvertiremo un odore
leggermente acido e, non sarà raddoppiato di volume.
A
questo punto va rinfrescato, (si uniscono acqua e farina sino a raddoppiarne il
volume) e si lascia lievitare di nuovo finché diventa nuovamente il doppio.
Dopo
averlo rinfrescato, (impastato con acqua e farina) controlleremo che in circa 8
ore raddoppi di volume e potremo aggiungerlo al pane, tenendo un pezzetto
d’impasto che diventerà la “mamma”.
La
conserveremo in luogo fresco (in cantina o in frigorifero) per rallentare la
fermentazione, in un contenitore tappato (frigover) in cui rimane almeno un
terzo d’aria.
La
sera prima di fare il pane lo rinfrescheremo lasciandolo lievitare in un
contenitore coperto da un panno bagnato e strizzato, quindi il mattino seguente
possiamo usarlo per l’impasto del pane.
Le
dosi di lievito madre vanno da 100 gr (l’estate) a 300 gr (inverno) per Kg di
pane.
panificare con lievito naturale 4panificare
con lievito naturale 5
Teniamo presente che il lievito giovane andrà rinforzandosi nel
tempo perché conservando le “memorie” del pane già fatto agirà al meglio nelle
diverse condizioni (climatiche) in cui verrà a trovarsi.
Per partire con un lievito più potente:
Ingredienti
2,5 kg circa di farina rinforzata
1,21 circa dl di acqua 50 g dì yogurt naturale
II
lievito naturale è un impasto di acqua e farina fermentato da microrganismi
presenti nell'aria o in alcuni alimenti (birra, patate, uva, vino, yogurt), che
moltiplicandosi provocano reazioni enzimatiche nel prodotto. Il risultato è una
pasta acida (pH 5 circa), dagli aromi accentuati causati dalle numerose
reazioni enzimatiche avvenute, e con un buon potere lievitante. È detto anche
pasta madre, poiché può essere rinfrescato giornalmente e quindi utilizzato per
anni: con il passar del tempo migliora e amplia la gamma di aromi. L'impegno
necessario per mantenerlo attivo è giustificato solo da un utilizzo frequente.
Su
una spianatoia impastate a lungo e con energia 300 g di farina rinforzata con 1
dl di acqua e uno yogurt. Trasferite la pagnotta ottenuta in una terrina e
copritela con un telo leggermente inumidito e con un coperchio. Lasciate
riposare il composto in luogo tiepido (alla temperatura di circa 22-25 °C) per
48 ore. Trascorso questo tempo, controllate la pagnotta ed eliminate la crosta
eventualmente formatasi. Prelevate quindi 400 g di pasta, incorporatevi
altrettanta farina e 2 dl d’ acqua e impastate a lungo. Coprite nuovamente con
un telo e con pellicola trasparente e lasciate riposare per 48 ore alla
temperatura di 22-25 °C. Quando aprirete la terrina, vedrete che sotto la
crosta la pasta sta fermentando: prelevatene 400 g dalla parte in cui è più
morbida, aggiungete altrettanta farina e 2 dl d’ acqua e impastate il tutto;
coprite e fate riposare nuovamente per 2 giorni. Proseguite in questo modo
almeno per altre tre o quattro volte, aggiungendo sempre una quantità di farina
pari a quella della pasta prelevata: a questo punto la pasta madre è pronta per
essere utilizzata.
Conservate
il lievito naturale in frigorifero alla temperatura di 8-10 °C e integratelo
almeno ogni 2-3 giorni con acqua e farina; se tende a formare la crosta,
scartate le parti indurite. La quantità di pasta da prelevare e integrare con
altra farina è indicativa: potete utilizzarla tutta, anche se in breve tempo vi
troverete con diversi chili di lievito naturale. L'impasto rimasto può essere
utilizzato per confezionare il pane, integrandolo con altra farina. Dopo un
paio di settimane il lievito naturale sarà pronto: sarà sufficiente incorporare
circa 200-300 g di pasta per ogni chilo di farina, diluendola prima in acqua
tiepida per ottenere una poltiglia.
Se non avete a disposizione lo yogurt,
potete tranquillamente sostituirlo con un cucchiaio di miele, succo di mela o
di pomodoro.
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